Riese Pio X

Il 18 dicembre 1922, il Consiglio comunale di Riese, a larga maggioranza costituito dai cattolici popolari, riceve una “diffida” da parte del Fascio di Combattimento di Castelfranco, affinché rassegnasse le dimissioni. Si apre così, come per moltissimi altri comuni trevigiani, una nuova fase che vede esautorate le amministrazioni regolarmente elette: popolari, socialiste o bergamine. Inizia il ventennio.
Nonostante i tentativi di modernizzazione del regime (nel 1927 arriva l’acqua potabile alle fontanelle pubbliche; nel 1931 a Riese si istituisce il servizio telefonico), la situazione sociale è difficile: nel 1928, nell’elenco dei poveri del comune risultano iscritti 865 individui (oltre il 13% del totale della popolazione). La crisi del 1929 aggrava la situazione e, nel 1934, gli iscritti salgono a 1841, il 28,5 % della popolazione: oltre un cittadino su quattro è considerato “povero” secondo gli standard del tempo. È in questo contesto che il giovane Primo Visentin, che è anche segretario del fascio di Loria, si muove, ritenendo che il regime possa portare una certa giustizia sociale.
Negli anni successivi la situazione migliora parzialmente, ma la guerra torna a rendere difficile la vita, portando l’obbligo dell’ammasso dei prodotti agricoli e il razionamento.
Dopo il 25 luglio 1943, il fascismo si disgrega rapidamente: ai primi di agosto vengono sciolte la sezione dei Fasci di combattimento di Riese, la Gioventù italiana del littorio, il Fascio femminile e le altre organizzazioni fasciste. Non passa molto tempo e dopo l’8 settembre arrivano i tedeschi e i fascisti della RSI.
“Masaccio”, con i suoi uomini, opera nella zona come un contropotere, intervenendo contro proprietari terrieri e industriali, per indurli a modificare i patti agrari e aumentare gli stipendi, e contro profittatori e speculatori; distribuisce ai più poveri cibo e denaro frutto delle azioni partigiane.