Castelfranco Veneto

Castelfranco Veneto era improvvisamente passata da un'amministrazione popolare – che nelle elezioni del 1921 aveva ottenuto una maggioranza schiacciante – al governo del partito fascista. Dopo la spedizione squadrista su Treviso del 14 luglio 1921, il fascismo si rafforza in tutta la provincia. Castelfranco vede l'emergere di una nuova leadership politica che in realtà arruola i leader di sempre: i conti Steno e Rino Bolasco, l'industriale Viganò, il dottor Polcenigo, primario dell'ospedale. Dopo le tensioni e gli scontri degli anni 1920-21, con la “Marcia su Roma” inizia il vero e proprio ventennio, anche se il fascismo trevigiano è debole e sconfina politicamente con il precedente moderatismo e conservatorismo delle classi egemoni.
Il comune nel 1921 conta 15.881 abitanti, che crescono di un migliaio al censimento successivo del 1931, arrivando a 16.981 nel 1936. Crescita lenta, segno di una certa stagnazione. In effetti i grandi cambiamenti – sviluppo del nodo ferroviario, nascita di insediamenti industriali (Fervet, Viganò) datano ai decenni precedenti. Qualche segno di risveglio avviene con l'insediamento della Marnati-Larizza nel 1929 e delle Radioindustrie Fracarro nel 1933. Nelle fabbriche, soprattutto alla Fervet, permane la presenza di un proletariato industriale di orientamento antifascista, di matrice social-comunista, che riemerge dalla clandestinità a partire dal 1942.
Nella cintura delle frazioni (Treville, Sant'Andrea, Salvatronda, Villarazzo, Salvarosa, San Floriano) continua la vita di sempre: grandi proprietà articolate in unità aziendali concesse ad affitto o a mezzadria a un ceto di contadini poveri.
Nell'ambito dell'antifascismo operano Domenico e Gino Sartor, che coagulano le forze cattoliche, a cui aderisce la giovane Tina Anselmi. La sinistra è forte soprattutto nelle fabbriche, con i leader Pietro Bresolin e Lenin Bovolato.