Gino Sartor

Gino Sartor (1922-1994), assieme alla famiglia (originaria di Paderno del Grappa), torna dall'emigrazione in California nel 1926 e frequenta, come il fratello Domenico, il Liceo classico “Tito Livio” di Padova (si laureerà in Giurisprudenza dopo la guerra).
Nel 1941 diventa ufficiale del corpo degli alpini. Tornato a Castelfranco dopo l'8 settembre, riallaccia i rapporti con l'Azione Cattolica e aderisce alla Democrazia cristiana; assume subito un ruolo di primo piano nella Resistenza. Il CLN locale gli conferisce l'incarico di addetto militare del mandamento. Dopo essersi rifiutato di prestare giuramento alla RSI, si dà alla clandestinità. Assume il comando del battaglione “Cesare Battisti”, che, nel febbraio del 1944, diventa brigata. Nonostante la diversità di opinioni politiche, è amico di “Masaccio”. Durante il conflitto organizza numerose azioni di sabotaggio, soprattutto alle comunicazioni (contro convogli, ferrovia, linee telefoniche, ecc.).
Il 28 aprile del 1945, assieme a Tina Anselmi e Liliana Saporetti, tratta la resa del presidio tedesco di Castelfranco, che aveva minacciato di far saltare il centro. Il 29 aprile la città è liberata.
Per le azioni compiute riceve la medaglia d'argento al valor militare.
È sindaco di Castelfranco, alternandosi con il fratello Domenico, dal 1948 al 1951 e, successivamente, dal 1960 al 1970. Dal 1970 al 1975, ricopre la carica di assessore regionale alla cultura. Nel 1985 esce dalla DC, sedendo in consiglio comunale tra le minoranze.
Nel 1992 compare tra i fondatori ed è primo presidente dell'Istituto per la storia della Resistenza e della Società Contemporanea della Marca trevigiana.